Gara d’appalto: nessun interesse a ricorrere contro la procedura da parte della società ritiratasi
I giudici precisano che legittimato ad impugnare l’esito di una gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in ragione della vantata posizione differenziata con il potere pubblico derivante proprio dalla partecipazione

In materia di contratti pubblici e delle connesse obbligazioni della pubblica amministrazione, l’impresa ritiratasi dalla gara prima dell’aggiudicazione finale è priva di legittimazione e di interesse a ricorrere avverso gli atti della gara stessa. Nel caso specifico, preso in esame dai giudici, un’impresa, dopo essersi ritirata da una gara d’appalto, aveva impugnato l’aggiudicazione ed il bando di gara. I giudici hanno rilevato innanzitutto la carenza di legittimazione e di interesse nell’azione giudiziaria della società. Ciò sul presupposto che legittimato ad impugnare l’esito di una gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in ragione della vantata posizione differenziata con il potere pubblico derivante proprio dalla partecipazione. Diversamente, l’operatore del settore rimasto estraneo – e a cui deve assimilarsi quello escluso o ritiratosi per sua volontà nel corso della procedura – non può vantare la medesima legittimazione a ricorrere in quanto portatore di un interesse di mero fatto, come tale non qualificato e non differenziato, alla caducazione dell’intera selezione nell’ottica di un’eventuale partecipazione futura in sede di riedizione della gara corrispondente ad una volontà del tutto ipotetica e priva di oggettivi riscontri e, quindi, in contrasto con le esigenze di celerità e certezza dei rapporti di diritto pubblico particolarmente avvertite in un settore così rilevante come quello dell’affidamento dei contratti pubblici. Inoltre, secondo i giudici, l’impresa non può dolersi dell’eccessiva durata della procedura di gara (che parrebbe aver favorito la sopravvenienza di un abnorme e imprevedibile aumento dei costi) perché l’impresa offerente ha la facoltà di sciogliersi dall’impegno assunto con la stazione appaltante in sede di presentazione dell’offerta, laddove la durata della procedura dovesse superare le tempistiche ritenute congrue dalla stessa stazione appaltante o, in mancanza, dalla legge (ovvero centottanta giorni). Pertanto, l’intervenuto peggioramento delle condizioni contrattuali per eccessiva durata della procedura selettiva può essere neutralizzato dall’operatore interessato soltanto con lo strumento del mancato rinnovo la validità della propria offerta, quale facoltà riconosciuta dalla legge. (Sentenza 311 del 6 febbraio 2023 del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia)