Confermata la multa a Google per abuso di posizione dominante
Fatale l’avere imposto restrizioni illegali ai produttori di dispositivi mobili Android e agli operatori di reti mobili, e ciò al fine di consolidare la posizione dominante del noto motore di ricerca

Confermata la multa – per un importo pari a circa 4.000.000.000 di euro – inflitta a Google per abuso di posizione dominante. Nello specifico, nel luglio del 2018, la Commissione Europea ha sanzionato Google per aver abusato della sua posizione dominante, imponendo restrizioni contrattuali anticoncorrenziali ai produttori di dispositivi mobili nonché agli operatori di reti mobili, per alcuni sin dal 1° gennaio 2011. Le restrizioni esaminate sono di tre ordini: in primo luogo, quelle inserite negli accordi di distribuzione, che impongono ai produttori di dispositivi mobili di preinstallare le applicazioni di ricerca generica (Google Search) e di navigazione (Chrome) per poter ottenere da Google una licenza operativa per il suo portale di vendita (Play Store); in secondo luogo, quelle inserite negli accordi antiframmentazione, che condizionano la concessione delle licenze operative necessarie alla preinstallazione delle applicazioni Google Search e Play Store da parte dei produttori di dispositivi mobili all’impegno di questi ultimi ad astenersi dal vendere dispositivi equipaggiati con versioni del sistema operativo Android senza l’approvazione di Google; in terzo luogo, quelle inserite negli accordi di ripartizione del fatturato, che subordinano il rimborso di una parte degli introiti pubblicitari di Google ai produttori di dispositivi mobili e agli operatori di reti mobili interessati all’impegno, da parte di questi ultimi, a rinunciare alla preinstallazione di un servizio di ricerca generica concorrente su un portafoglio predeterminato di dispositivi. Tali restrizioni hanno avuto tutte lo scopo di proteggere e rafforzare la posizione dominante di Google in materia di servizi di ricerca generica e, pertanto, gli introiti ottenuti da quest’impresa mediante gli annunci pubblicitari collegati a queste ricerche. (Sentenza del 14 settembre 2022 del Tribunale europeo)