Fanno sesso, lui la riprende furtivamente e condivide il video: evidente l’intenzione di danneggiare la donna

Richiesta, ai fini dell’integrazione del reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, la prova, ritraibile da ogni elemento utile, della sussistenza del dolo specifico, costituito dal fine di arrecare danno all’altrui reputazione o immagine

Fanno sesso, lui la riprende furtivamente e condivide il video: evidente l’intenzione di danneggiare la donna

Fanno sesso e lui la riprende furtivamente in un video poi condiviso tramite ‘WhatsApp’ con alcuni amici: condanna sacrosanta, secondo i giudici (sentenza numero 2112 del 17 gennaio 2025 della Cassazione). Impossibile mettere in dubbio la responsabilità penale del giovane finito sotto processo a seguito della denuncia fatta dalla ragazza con la quale aveva avuto un rapporto intimo e che poi si era ritrovata sul cellulare un video riguardante quel rapporto. Scenario della triste vicenda è la provincia campana. Protagonista in negativo è un giovane, denunciato da una ragazza, la quale ha ricevuto tramite ‘WhatsApp’ un breve video ritraente

lei in pose intime, video che lei ricollega ad una ripresa furtiva con lo smartphone effettuata da lui alla fine di un loro rapporto sessuale. Inevitabile lo strascico giudiziario, col ragazzo che si ritrova condannato, sia in primo che in secondo grado, per il reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente. Sulla stessa lunghezza anche i magistrati di Cassazione, i quali, per quanto concerne la captazione fraudolenta delle immagini, osservano che l’assenza di consenso della persona offesa emerge oltre che dalle modalità della ripresa, fugacemente realizzata subito dopo un rapporto sessuale, anche da alcune immagini del video, in cui la persona offesa esprime la propria sorpresa e contrarietà per quell’azione improvvida, invitando l’autore a mettere da parte il telefono. Capitolo a parte, poi, è quello riservato alla volontà del giovane di violare la riservatezza e, contestualmente, la reputazione e l’immagine della ragazza tramite la diffusione del video. Su questo fronte vi è, secondo i giudici, la ravvisabilità dell’elemento psicologico del dolo eventuale con riferimento all’elemento soggettivo che sorregge la condotta materiale del reato, da intendersi quale volontaria messa in circolazione del video, ritraente un momento intimo dell’incontro privato tra il giovane e la ragazza, con annessa eventuale diffusione. Ragionando in questa ottica, nella vicenda in esame le modalità della condotta sono state chiaramente fraudolente, e la diffusione del video è imputabile al giovane, mentre il fine specifico da lui perseguito può trarsi dalla stessa oggettiva materialità della condotta, ovvero dalle modalità con le quali il filmato è stato realizzato, immediatamente dopo il rapporto sessuale – ciò che rende evidente una finalità diversa da quella erotica o comunque collegata al rapporto sessuale appena consumato – e dal mezzo di diffusione del filmato, che è stato fatto circolare su una chat di amici, comuni anche alla persona offesa, elementi che appaiono direttamente esplicativi della precisa volontà di danneggiare la reputazione della vittima. Dunque, è riscontrabile, accanto al dolo generico (anche eventuale) che deve supportare psicologicamente la condotta diffusiva, l’ulteriore elemento volitivo necessario ai fini dell’integrazione del delitto sotto il profilo soggettivo, costituito dalla specifica volontà di danneggiare la vittima e integrante il dolo specifico. Condanna definitiva, dunque, per il giovane, anche alla luce del principio secondo cui è richiesta, ai fini dell’integrazione del reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, la prova, ritraibile da ogni elemento utile, della sussistenza in capo al soggetto del dolo specifico, costituito dal fine di arrecare danno all’altrui reputazione o immagine.

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