Il buon rendimento universitario e il sorriso nelle foto non escludono il turbamento subito dalla vittima dello stalker
I giudici sottolineano, invece, le forti ripercussioni negative, ossia attacchi di panico e perfino il pensiero del suicidio, subite da una donna presa di mira dall’ex fidanzato

Il buon rendimento universitario e il sorriso nelle foto non bastano per escludere la prostrazione subita dalla donna vittima di uno stalker. Impossibile mettere in discussione la condanna dell’uomo finito sotto processo per i comportamenti ossessivi tenuti per oltre un anno ai danni della donna, che ha subito forti ripercussioni negative, ossia attacchi di panico e perfino il pensiero del suicidio quando l’uomo l’aveva minacciata di pubblicare alcune foto intime di lei. Per i giudici è decisivo il richiamo al racconto della persona offesa. Nello specifico, alla luce degli acclarati dettagli dei comportamenti tenuti dall’uomo, i giudici ritengono provato il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, costretta, oltre che a cambiare il numero di telefono, a evitare di frequentare posti (compresa addirittura la chiesa) in cui poteva incontrare l’ex fidanzato oppure, in alternativa, a farsi accompagnare da qualcuno. Accertato, infine, lo stato di ansia e di paura in cui la donna era stata costretta a vivere a causa delle condotte persecutorie dell’uomo: non a caso, ella ha sofferto di attacchi di panico e ha perfino pensato al suicidio. Di conseguenza, i dati evocati dall’uomo, ossia il buon rendimento universitario della donna e le foto che la ritraevano sorridente, non consentono di escludere categoricamente «la condizione di profonda prostrazione della persona offesa. (Sentenza 6323 del 15 febbraio 2023 della Corte di Cassazione)