Poste, il direttore ruba 370mila euro: condannato per ludopatia

Nonostante sia affetto da ludopatia, il direttore dell'ufficio postale coinvolto nel furto di quasi 370.000 euro non può essere assolto dalla condanna per peculato

Poste, il direttore ruba 370mila euro: condannato per ludopatia

Nel mirino il direttore di un ufficio postale coinvolto in un caso di sottrazione di una considerevole somma di denaro, avvenuta mentre era in possesso di fondi depositati presso il libretto di deposito giudiziario. Il dipendente, tramite l'accesso al sistema informatico dell'ufficio postale con credenziali sconosciute, si è appropriato illecitamente di circa 368.000 euro in due anni. La condanna inflittagli è stata confermata dai giudici di Appello dopo la sentenza del Tribunale.

La difesa del direttore contesta la condanna, sottolineando la ludopatia che lo colpisce da tempo. Il legale evidenzia che, sebbene parte del denaro fosse stata destinata a spese personali, la maggior parte era stata impiegata per il gioco d'azzardo. La ludopatia, definita come incapacità di resistere all'impulso del gioco d'azzardo, viene indicata dalla difesa come causa principale del comportamento del direttore.

Il percorso difensivo si basa sull'idea che la ludopatia abbia influenzato in modo significativo le azioni del direttore, inducendolo a commettere il reato per finanziare le sue abitudini di gioco. Nonostante le obiezioni della difesa, la Corte di cassazione ha confermato la condanna, prendendo in considerazione il parere di uno psichiatra che ha sostenuto che il comportamento delittuoso derivava dalla ludopatia.

Tuttavia, il perito ha anche chiarito che non vi erano dubbi sulla consapevolezza del direttore riguardo alla natura del suo comportamento: nonostante la ludopatia abbia influenzato le azioni del direttore, questi ha dimostrato piena consapevolezza e capacità di decisione riguardo alla commissione del reato. I giudici sottolineano la lucidità mantenuta dal direttore durante la sua condotta illecita, escludendo quindi la ludopatia come causa principale del reato. Infatti, le azioni del direttore sono state descritte come ben pianificate e orientate verso il raggiungimento di un vantaggio economico per finanziare il gioco.

Infine, i giudici ribadiscono che, affinché una condotta criminosa sia attribuita a un disturbo mentale, tale disturbo deve incidere significativamente sulla capacità di intendere e di volere di un individuo. Nel caso in esame, i giudici hanno concluso che il direttore agì con piena consapevolezza e capacità decisionale, escludendo la presenza di anomalie psicopatologiche che avrebbero potuto influenzare il suo comportamento (Cass. n. 21065 del 29 maggio 2024).

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