Bottiglia di vetro lanciata su una vettura in corsa: legittimo parlare di tentato omicidio
Condanna definitiva per un giovane, autore, lungo una strada statale, dell’insano gesto

Piccola bottiglia di vetro lanciata dal cavalcavia su una vettura in corsa: è tentato omicidio, non violenza privata. Questa la visione tracciata dai giudici (sentenza numero 1710 del 14 gennaio 2025 della Cassazione), i quali hanno perciò condannato in via definitiva un giovane, resosi autore, lungo una strada statale, dell’insano gesto. Scenario del drammatico episodio, verificatosi nell’agosto del 2017, è una strada statale in Puglia. A fornire i dettagli, dopo avere tirato un grosso sospiro di sollievo, è l’automobilista, il quale racconta alle forze dell’ordine che, trovandosi alla guida della sua vettura, mentre stava percorrendo la corsia di sorpasso, aveva notato sul cavalcavia la presenza di un ragazzo che, pochi istanti dopo, aveva lanciato una bottiglia contro il veicolo, che si stava avvicinando al cavalcavia». Pronta la reazione delle forze dell’ordine, che riescono ad individuare l’autore del folle gesto, ossia un ragazzo non ancora maggiorenne. A sorpresa, però, in primo grado i giudici ridimensionano la condotta e la catalogano come mera violenza privata. Ciò alla luce del principio secondo cui integra il delitto di violenza privata il lancio sulla sede stradale di sassi di notevoli dimensioni, perché costringe gli automobilisti in transito a brusche frenate o a sterzate improvvise. Analizzando poi l’episodio, i giudici di primo grado escludono l’elemento psicologico del dolo diretto di omicidio, e ciò in considerazione del fatto che l’automobilista è riuscito a evitare con una semplice sterzata l’impatto con la bottiglia lanciata contro la sua auto e che la condotta posta in essere dal minorenne non appare di particolare gravità poiché si è trattato del lancio di una bottiglia di birra piccola e vuota».
In sostanza, secondo i giudici di primo grado, l’intento dell’autore del lancio era solo quello di provocare brusche frenate o sterzate improvvise dell’automobilista. Legittimo, quindi, parlare di violenza privata. Di parere opposto, invece, i magistrati di Cassazione, i quali ritengono impensabile ridimensionare l’azione compiuta dal giovane e che ha posto a rischio, in concreto, l’incolumità dell’automobilista. Entrando nei dettagli, per sostenere la tesi del tentato omicidio sono sufficienti, secondo i giudici, alcuni precisi dati di fatto: l’incontestata circostanza secondo cui l’intento del giovane è stato quello di provocare brusche frenate o una sterzata improvvisa dell’automobilista; il luogo teatro dei fatti, cioè una strada statale notoriamente trafficata e frequentata da veicoli; l’andatura dell’auto condotta dalla persona offesa che, sebbene non espressa con precisione, era certamente sostenuta, sebbene auspicabilmente conforme ai limiti previsti per una strada statale (80-90
chilometri orari. Da tener presente, poi, aggiungono i giudici, che, in un contesto come quello in cui è avvenuto l’episodio incriminato, anche una semplice e improvvisa frenata ovvero una brusca sterzata costituivano grandissimo pericolo per l’incolumità del viaggiatore, a prescindere dalle dimensioni, dalla consistenza e dalla capacità distruttiva del corpo contundente lanciato dall’alto del cavalcavia, poiché ii rischio di incidente, provocato dal lancio, poteva trovare origine nell’improvvisa manovra di emergenza, attivata dal conducente al fine di evitare l’impatto con il corpo contundente stesso. Secondo i giudici, proprio tale situazione si è concretizzata nel caso esaminato, come emerso anche dalla deposizione della parte offesa che, su specifica domanda, ha puntualizzato che, per evitare la bottiglia di vetro, fu costretto a cambiare repentinamente corsia, rientrando da quella di sorpasso in quella di marcia, senza neppure guardare nello specchietto retrovisore per controllare se sopraggiungessero altri veicoli da tergo. Per i magistrati di Cassazione il ragionamento è semplice: in considerazione dell’oggetto (bottiglia di vetro), lanciato ‘a candela’, e dell’altezza da cui ii lancio è avvenuto e, ancora, della velocità certamente non modesta del veicolo preso di mira, e, infine, della strada, notoriamente a elevato traffico veicolare, è evidente come l’impatto del corpo contundente lanciato avrebbe potuto produrre come conseguenza anche l’evento morte, sia nel caso in cui, penetrando il parabrezza dell’auto in transito, la bottiglia avesse colpito il conducente o qualcuno dei passeggeri, sia nel caso in cui l’effetto sorpresa, ricollegabile all’urto sul parabrezza o all’impatto sul conducente, avesse provocato lo sbandamento ovvero l’uscita di strada dell’autovettura, con concreto rischio di conseguente incidente stradale, con coinvolgimento di altri veicoli ed effetti letali per le persone a bordo dei mezzi coinvolti. Impossibile, in generale, mettere in dubbio il dolo omicidiario a fronte del lancio di un oggetto da un cavalcavia sui veicoli in corsa. E dalla ricostruzione dell’episodio oggetto del processo è emerso che il giovane autore del lancio ha realizzato un vero e proprio tiro al bersaglio sull’auto in transito lungo la strada sottostante al cavalcavia e che il giovane si era strategicamente appostato sul cavalcavia, poiché – come riferito dal conducente dell’automobile – egli attese l’arrivo del veicolo in prossimità del cavalcavia per far cadere il corpo contundente. Circostanza, questa, confermativa del fatto che, lungi dal mero divertimento di lanciare a caso oggetti sulla strada sottostante, l’intento criminoso del ragazzo era proprio quello di colpire il veicolo, possibilmente nel suo punto più vulnerabile (parabrezza), così da provocare ii massimo danno possibile.