Condòmino in lite col condominio: possibile l’esclusione dall’assemblea

Si fa riferimento, però, alla riunione volta ad approvare il promovimento o la prosecuzione della controversia giudiziaria col singolo condòmino

Condòmino in lite col condominio: possibile l’esclusione dall’assemblea

In caso di deliberazione assembleare volta ad approvare il promovimento o la prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il condominio e un singolo condòmino, non sussiste il diritto del condòmino, che è portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla gestione collegiale, a partecipare all’assemblea, né, quindi, la sua legittimazione a domandare l’annullamento della delibera per omessa, tardiva o incompleta convocazione.
Questo il principio applicato dai giudici (sentenza numero 7491 del 20 marzo 2025 della Cassazione) per chiudere definitivamente il contenzioso sorto in uno stabile nella città di Palermo.
In sostanza, una condòmina ha citato in giudizio il condominio, chiedendo l’annullamento della delibera assembleare con cui era stato conferito ad un legale l’incarico di costituirsi nel giudizio di appello promosso dalla condòmina nei confronti del condominio nonché di verificare la legittimità dell’attività esercitata dalla condòmina nel seminterrato, di sua proprietà, dello stabile.
Secondo la condòmina, è evidente l’invalidità della deliberazione per difetto della sua convocazione alla riunione.
Chiara la questione sul tavolo dei giudici: all’assemblea chiamata a pronunciarsi sulla costituzione del condominio in un giudizio promosso o comunque pendente con un condòmino, quest’ultimo deve essere ritualmente convocato alla riunione, riconoscendogli il diritto di parteciparvi?. Per i magistrati la risposta è negativa. Soprattutto alla luce della considerazione che, nell’ipotesi di controversia tra condominio e uno o più condòmini, la compagine condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, da un lato coloro che sono chiamati a deliberare sul promuovimento dell’azione o sulla sua resistenza, dall’altro i destinatari di tale decisione, quale parte avversa nel giudizio.
Ora, la descritta scissione della compagine condominiale in due gruppi di partecipanti, portatori di contrapposti interessi, non può non avere riflessi sulle regole che disciplinano lo svolgimento dell’assemblea e sulle relative maggioranze, in modo sostanzialmente analogo alle regole che trovano applicazione nel condominio parziale, fattispecie in cui al mutamento della stessa compagine dei partecipanti al condominio segue la modifica della stessa composizione dell’assemblea e delle maggioranze.
Il tratto saliente della situazione descritta, dato dalla contrapposizione di posizioni tra uno o più condòmini e gli altri partecipanti, porta ad escludere, quanto all’attività dell’organo assembleare, che essa possa essere ricondotta alla figura del conflitto di interessi, che ha carattere sempre potenziale e rileva in quanto produca effettivamente uno sviamento dell’interesse collettivo, sottoponendolo a quello individuale, situazione che, potendo manifestarsi soltanto in sede di assemblea al momento del voto, comporta che il partecipante che versa in conflitto sia computato ai fini sia del quorum costitutivo che di quello deliberativo, salva la sola facoltà di astensione.
La situazione che si riscontra con riguardo alla deliberazione assembleare relativa alla controversia tra il condominio ed il singolo condòmino è invece sostanzialmente diversa ed il suo tratto saliente è dato dalla formale e sostanziale estraneità del condomino in lite rispetto alle determinazioni che la compagine condominiale è chiamata ad assumere. Pertanto, la regola applicabile non è quella del conflitto di interessi, quanto, più propriamente, della estraneità della parte che ha citato in giudizio il condominio o che da questi è stata convenuta rispetto al tema su cui l’assemblea è chiamata a pronunciarsi e sulla relativa determinazione. Ne discende che nemmeno è giuridicamente configurabile il solo interesse del condòmino in lite ad accedere e partecipare alla riunione, non potendo tale diritto essere scisso da quello dell’esercizio di voto. E non esiste poi un distinto diritto alla convocazione per la sola fase preparatoria della riunione, consistente nel dibattito antecedente al momento deliberativo, dal momento che l’intervento del partecipante nella discussione assembleare è finalizzato a portare a conoscenza degli altri presenti le ragioni del proprio voto di assenso o dissenso sull’argomento contenuto nell’ordine del giorno.
Del resto, la stessa regola è applicata nel caso in cui l’assemblea condominiale sia chiamata a ripartire internamente le spese di lite affrontate in una controversia con un condòmino. Difatti, deve considerarsi nulla, per impossibilità dell’oggetto, la deliberazione dell’assemblea che ponga tali spese anche a carico del condòmino in lite, trattandosi di prestazioni rese a tutela di un interesse opposto a quello del condòmino.

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