Il preliminare di compravendita di un appartamento è valido anche se manca l’abitabilità?
Oggetto della controversia è un contratto preliminare di vendita di un appartamento sito in Roma che risultava privo della destinazione ad uso abitativo

La società venditrice, infatti, aveva presentato domanda di sanatoria per regolarizzare l’immobile. Il rigetto della domanda era stato impugnato dinanzi al TAR Lazio e il giudizio risultava ancora pendente alla data della stipula del rogito.
I promissari acquirenti citavano dunque la controparte dinanzi al Tribunale per ottenere la dichiarazione di nullità per impossibilità dell’oggetto del preliminare o, in subordine, la risoluzione del preliminare per inadempimento.
Il Tribunale pronunciava la risoluzione del contratto preliminare e condannava il venditore alla restituzione della caparra confirmatoria versata, pari a 150mila euro, oltre interessi legali.
La decisione veniva ribaltata però in secondo grado, in virtù di una clausola del preliminare con cui le parti avevano inteso subordinare la risoluzione del contratto alla mancata positiva conclusione del giudizio amministrativo davanti al TAR Lazio. Inoltre, nessun termine essenziale era stato stabilito per la consegna del certificato di abitabilità.
Gli acquirenti hanno quindi chiesto alla Cassazione di annullare la sentenza d’appello.
Il ricorso risulta fondato. La Cassazione precisa infatti che «l’azione giudiziale proposta non era mirata all’accertamento della verificazione di tale condizione, il cui mancato avveramento avrebbe dovuto escludere che il preliminare fosse privo di effetti ab origine, senza alcuna ulteriore statuizione», ma era volto a riconoscere l’inadempimento del venditore e la conseguente risoluzione del preliminare.
In altre parole, «una volta accertato che l’evento futuro e incerto contemplato nella condizione risolutiva non si era verificato [l’esito positivo dell’impugnazione davanti al TAR Lazio, ndr.], la Corte d’appello non avrebbe potuto farne derivare, in via automatica, il rigetto della domanda di risoluzione rispetto agli inadempimenti puntualmente dedotti, ma avrebbe dovuto, invece, verificare l’incidenza qualitativa e subiettiva di tali inadempimenti ai fini della declaratoria di risoluzione».
In conclusione, la Corte accoglie il ricorso alla luce dei principi di diritto secondo cui:
- «allorché non si avveri l’evento futuro e incerto contemplato in una condizione risolutiva, il giudice deve prendere in considerazione le imputate inadempienze ai fini della domanda di risoluzione e pronunciarsi sulla stessa»;
- «a fronte della proposizione di una domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita immobiliare per inadempimento del promittente alienante all’obbligo di sanare l’abuso correlato alla variazione della destinazione d’uso del bene, è necessario verificare, in base alle circostanze concrete desumibili dal quadro probatorio offerto, che le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili» (Cass. civ., sez. II, ord., 3 aprile 2024, n. 8749).