Incidente in seggiovia: società responsabile per le mancate misure di sicurezza

Risarcimento per una donna, vittima di una caduta durante un’uscita di emergenza

Incidente in seggiovia: società responsabile per le mancate misure di sicurezza

Il gestore di impianti di risalita risponde dei danni subiti dagli utenti durante le operazioni di evacuazione di emergenza qualora si appuri che non abbia adottato le misure di sicurezza necessarie per garantire la discesa in condizioni di sicurezza, ivi compresa l’eliminazione o la segnalazione di ostacoli pericolosi presenti nelle aree di discesa e l’arresto dell’impianto in caso di difficoltà degli utenti.
Questa la valutazione compiuta dai giudici (ordinanza numero 13161 del 13 maggio 2025 della Cassazione), i quali sono stati chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto a seguito dell’incidente subito da una donna nell’utilizzo di una seggiovia in Piemonte.
Chiari i dettagli dell’episodio: il giorno dell’incidente, la donna stava salendo lungo la seggiovia, indossando gli sci ed occupandone il lato sinistro, unitamente ad un amico, seduto invece sulla destra, ma, forse a causa del forte vento, la marcia della seggiovia era rallentata e caratterizzata da continue soste, e così, durante la salita, gli addetti della struttura avevano disposto l’evacuazione dell’impianto, con discesa nella stazione intermedia (ordinariamente utilizzata per la sola risalita) costituita da una piccola piattaforma di cemento armato subito seguita da un vuoto e priva di strutture (anche antinfortunistiche) idonee alla discesa. Proprio durante la discesa, l’operatrice non aveva azionato il dispositivo per il blocco dell’impianto e, al contrario, aveva prescritto la discesa con impianto in movimento. Ua volta atterrata sulla piattaforma, la donna aveva cercato di allontanarsi da essa per la via più breve, ovvero muovendosi lateralmente, in modo da guadagnare il pendio ivi presente e le piste, ma nel compiere tale manovra era stata rallentata dalla presenza in loco di un asse di legno ancorato a terra, celato sotto la neve e in cui si era incastrato lo sci da lei indossato. In quegli istanti, cioè nel tempo necessario per liberarsi, la donna era stata urtata dal seggiolino che l’aveva trascinava lungo la piccola pedana di cemento, facendola precipitare nell’avvallo situato poco più avanti e sprovvisto di reti di protezione, e tutto ciò mentre l’addetta non si era attivata né per bloccare la corsa dei seggiolini né per prestare aiuto alla donna.
Molteplici, per la donna, le lesioni subite a seguito della caduta, con successiva invalidità permanente del 35 per cento e con risvolti non solo fisici ma anche estetici, funzionali, relazionali, morali, e annessa impossibilità di svolgere l’attività lavorativa durante i mesi della malattia. Consequenziale la richiesta di risarcimento, addebitando responsabilità non solo alla all’addetta alla discesa ma anche alla società che ha la gestione dell’impianto di risalita e che, secondo la donna, non aveva disposto la sospensione del servizio, nonostante la avversa situazione meteorologica, caratterizzata ab origine da forti venti e precipitazioni, salvo poi decidere in corso d’opera di sospendere il funzionamento dell’impianto, e non aveva adottato alcuna tecnica di abbandono atta a garantire la sicurezza degli utenti.
Per i giudici è legittima la visione proposta dalla donna. Inequivocabile, innanzitutto, la ricostruzione dell’episodio, poiché, si osserva, a causa del forte vento alzatosi nel corso della mattinata e con raffiche fino a 180 chilometri orari, si decise di evacuare la seggiovia e i passeggeri furono informati dell’avvio delle operazioni di sgombero della seggiovia mediante l’utilizzo degli altoparlanti. In quel contesto, nello scendere dal lato sinistro della seggiovia, la donna ha picchiato con gli sci contro un asse di legno presente in loco, ed in particolare contro un’asse di legno ancorato a terra e celato sotto la neve, in cui si andava ad incastrare lo sci, e in tale frangente si sono incrociati gli sci e, non essendo stata arrestata la marcia della seggiovia, la donna è stata raggiunta, urtata, agganciata e trascinata dal seggiolino lungo la piattaforma di cemento e sino alla sua conclusione, quando la donna è caduta nel vuoto presente al termine della piattaforma e profondo oltre due metri. Assolutamente inutile, pur essendo presente in loco, una rete di protezione che non ha assolto alla sua funzione essendo in quel momento completamente aperta.
Impossibile, sempre secondo la ricostruzione dell’episodio, catalogare la condotta della donna come imprudente o tale da essere causa esclusiva o concausa dell’incidente – non essendo ella riuscita ad allontanarsi prontamente dall’impianto in quel momento privo di un’adeguata via di uscita –, essendo piuttosto vero che non vi è prova che siano state approntate le misure di salvaguardia necessarie per evitare che in occasione della discesa gli sciatori urtassero contro le assi poste in loco al fine di agevolare la salita.

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