Ipotesi di intervista diffamatoria: come riconoscere l’esercizio del diritto di critica
Necessario che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, anche solo ragionevolmente putativa, alla luce delle fonti di riferimento

In materia di responsabilità civile per diffamazione, il diritto di critica, che si esprime in un giudizio necessariamente soggettivo sui fatti – e non nella mera narrazione di fatti –, ha efficacia esimente quando il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, anche solo ragionevolmente putativa, alla luce delle fonti di riferimento. E tale requisito della verità putativa è integrato quando il fatto sia attinto da un procedimento amministrativo valido ed efficace al momento della sua divulgazione, trattandosi di indagine che manifesta la posizione di una pubblica amministrazione e che ha esito in un provvedimento di rilievo pubblico su cui il divulgatore può fare legittimo affidamento.
Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 6123 del 7 marzo 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso originato da un’intervista, mandata in onda durante una trasmissione televisiva, contenente frasi aspramente critiche nei confronti di una società.
In generale, comunque, in tema di responsabilità civile per diffamazione, il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi., e per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto occorre, tuttavia, che, alla luce di una valutazione ancorata al momento in cui la notizia e l’opinione sono divulgate, il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive. Inoltre, là dove la notizia sia stata attinta da atti giudiziari, il requisito della verità è integrato ove essa sia fedele al contenuto dell’atto, senza che sia necessaria né la verifica della fondatezza del fatto ivi riportato, né l’indicazione specifica della fonte, purché dal contesto del pezzo giornalistico risulti con chiarezza la natura giudiziaria della fonte stessa.
Situazione analoga, poi, quanto al riscontro del requisito della verità putativa, là dove il fatto sia attinto da un procedimento disciplinare interno a una pubblica amministrazione, valido ed efficace al momento della sua divulgazione, non importando, dunque, che successivamente sia stato revocato, giacché, come detto, la verosimiglianza del fatto va valutata in relazione al momento in cui ne è fatta divulgazione.