Bimba travolta e uccisa da una vettura: risarcimento da danno parentale anche per il compagno della madre

Decisivo il riferimento al rapporto esistente tra loro e centrato sul ruolo di padre putativo assunto dall’uomo

Bimba travolta e uccisa da una vettura: risarcimento da danno parentale anche per il compagno della madre

Bimba morta dopo essere stata travolta da un’automobile: risarcimento da danno parentale anche per il compagno della madre. Irrilevante, chiariscono i giudici (ordinanza numero 5984 del 6 marzo 2025 della Cassazione), la mancata convivenza tra l’uomo e la bambina. Decisivo invece il rapporto intercorso tra loro e centrato sul ruolo di padre putativo assunto dall’uomo.
Il drammatico episodio risale ad oltre dieci anni fa. Siamo nel pieno inverno del 2013, quando, in pochi attimi, una famiglia viene distrutta: all’uscita del parcheggio di un centro commerciale, difatti, una vettura travolge e trascina per qualche metro una bambina di 4 anni, accompagnata in quel frangente dalla nonna.
Inimmaginabile il dramma per la madre della bimba e per il compagno a cui è legata da tempo. In particolare, la donna vive attimo per attimo l’agonia della figlioletta, il cui corpo straziato dal terribile impatto non reagisce alle cure, nonostante le cure prestate prima durante il volo in eliambulanza e poi in ospedale. Così, poco tempo dopo il terribile incidente, la giovane madre si ritrova costretta a dire addio alla sua unica figlioletta.
A funerale officiato, e una volta identificato il conducente della vettura che ha travolto la bimba, la donna e il suo compagno decidono di adire le vie legali per individuare ufficialmente i responsabili dell’incidente e per vedere risarcito il dolore loro arrecato, e identificabile con danno parentale da morte di un congiunto, danno patrimoniale e danno non patrimoniale.
Per i giudici di Cassazione è sacrosanto il risarcimento riconosciuto in favore del compagno della madre della bambina.
Irrilevante il riferimento alla mancanza di convivenza tra l’uomo e la bimba, visto e considerato il profondo rapporto intercorso tra loro. In sostanza, annotano i magistrati di Cassazione, l’uomo aveva assunto un vero e proprio ruolo di padre vicario nei confronti della piccola, venendo in tutto e per tutto a ricoprire questo ruolo in sostituzione del genitore biologico, del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia, e, di conseguenza, egli ha subito un danno da perdita del rapporto parentale a seguito della morte della bambina.
Corretta, quindi, la prospettiva adottata in Appello, anche alla luce del principio secondo cui la convivenza more uxorio non è da sola sufficiente a dimostrare il pregiudizio subito, dovendosi rinvenire, al fine di liquidare il danno parentale, quegli indici che, annotano i magistrati di Cassazione, l’uomo ha provato, cioè la sua dedizione e l’assistenza morale e materiale alla bambina per oltre tre dei quattro anni della sua brevissima vita, dedizione ed assistenza da padre putativo, considerata l’assenza di quello biologico. E ciò è sicuramente sufficiente, anche alla luce del principio secondo cui il vincolo di sangue non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre figlio.

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